lunedì 30 aprile 2012

Marlin

























Marlin è uno che viene da lontano. Ci siamo incontrati un giorno a tavola, invitati dallo stesso amico e trovati così, per caso, l’uno di fronte all’altro. Dopo un momento di silenzio ha iniziato a raccontare le storie dell’oceano: acque fredde, correnti vigorose e barche d’altura che salpano da Capoverde per affrontare il vento; uomini rudi avvezzi a manovrare legni, cime e reti. Il loro incontro è avvenuto a ridosso di Sào Nicolau appena oltre le secche in un primo pomeriggio assolato e solo a sera Marlin è salito a bordo con loro. Gli uomini esausti hanno poi acceso un fuoco con legni speciali, messi da parte per l’occasione e dai quali si è sprigionato un fumo denso e aromatico che ha avvolto e inebriato Marlin.

Ora, su questa tavola, si presenta rilassato,comodamente adagiato sul letto di cetrioli tagliati fini e irrorato d’olio di oliva di una terra a lui lontana. Ride di gusto quando uno spruzzo di limone lo investe e risponde spandendo un profumo dolceamaro che ricorda il ginepro. Tra poco tornerà a nuotare in una bianchetta genovese profumata e leggera.

martedì 24 aprile 2012

Ali per volare



Praga, un giorno di pioggia, l'Hard Rock Cafè a due passi e un'auto che catturava i sogni.

sabato 21 aprile 2012

martedì 17 aprile 2012

Cielo rosso













Il cielo si fece rosso, forse per la vergogna di avermi svegliato e distolto dal sogno, forse dalla rabbia per vedermi così indolente e indifferente ai suoi capricci, forse per l’imbarazzo provocato dalle mie fantasie.

sabato 14 aprile 2012

Tornando a casa














L’auto procedeva lentamente lungo la strada del centro, lasciandosi trasportare dal flusso del traffico dell’ora di punta quasi non avesse una meta precisa da raggiungere. All’interno i suoni della città arrivavano ovattati e indistinti, merito di un’accurata insonorizzazione e le luci che si stavano accendendo entravano filtrate attraverso i finestrini scuri.

-         Signora, non manca ancora molto. Nonostante il traffico saremo puntuali.

La voce del mio autista mi distoglie dai pensieri. Lo guardo e per un momento penso che forse nella prossima vita mi piacerebbe uno come lui, ma in questa temo che non ci sia più spazio per queste cose e lui potrebbe essere tranquillamente mio nipote.

-         Grazie Edward, ma non ho fretta di arrivare. Anzi, stavo pensando di andare prima in un altro posto, non ho proprio voglia di rivedere tutte quelle persone.
-         Quelle persone sono la sua famiglia e lei le ha riunite stasera perché è il suo compleanno. Forse non apprezzerebbero di essere messe da parte così.

Edward sta diventando la mia coscienza, ma stasera mi sento più forte di lui e non voglio più seguire i suoi saggi consigli pieni di buon senso. In fondo ho vissuto io con quelle persone, mica lui!

-         Prendi la Madison e portami da Via Quadronno e non badare  ai miei parenti: staranno già facendo festa da soli e neanche si accorgerannno che non sono tra loro.

Arriviamo all’incrocio con la 73a e svoltiamo. A quell’ora ci sono poche persone e poche auto intorno al locale, la gente si farà vedere molto più tardi e così posso occupare il solito tavolo un po’ riparato ai margini della sala. D’incanto compare dal nulla Antonio che mi si avvicina e mi aiuta a sedermi.

-         Grazie Antonio, ho novanta anni ma so ancora come ci si siede ad un tavolo.

Antonio, come al solito, non mi dà retta e mi aiuta ad avvicinarmi al tavolo e poi si siede vicino come ormai fa tutte le volte che lo vengo a trovare nel suo nuovo locale. Mi guarda e capisce che questa sera c’è qualcosa di diverso nei miei occhi, forse un velo di stanchezza o di tristezza. Fa un gesto a un cameriere che dopo poco arriva con una bottiglia di vino e due bicchieri.

-         Sapevo che saresti passata a trovarmi e ho stappato questa bottiglia per fartela trovare alla temperatura adatta con il vino al giusto respiro. Ora però mi devi raccontare di te e di questa sera particolare.

-         Stasera, per la prima volta ho paura di tornare a casa. La mia vita è stata sempre un’eterna partenza e anche le volte in cui passavo da casa tra un impegno e l’altro, non ho mai vissuto la cosa come un ritorno ma un passaggio, una tappa qualsiasi, tanto ero presa dal domani.

Stasera invece sono alle prese con un ritorno. Domani non ci sarà una nuova partenza, ho novanta anni e fino a questa sera me ne sono sentiti addosso la metà. Saranno i parenti che mi attendono ad alimentare questa nuova ansia, ma proprio quel luogo non riesco a considerarlo casa.

-         La mia casa è sempre stata con me; ovunque andassi, se riuscivo a stare bene con me stessa, allora ero a casa; mi sento più a casa qui con te che nella mia abitazione in mezzo alla famiglia.

Antonio mi versa un altro pò di vino: delizioso. Non me ne andrei più; tra tutti gli amici che ho nel mondo lui è quello che più sa ascoltare i miei momenti di sfogo e anche questa sera non è da meno, dimostrando di conoscermi bene.

Quando siamo all’incirca a metà bottiglia entra adagio un ragazzo che si guarda intorno come avesse sbagliato strada e non fosse convinto di quello che fa. Chiusa la porta finalmente ci vede e si dirige dalla nostra parte mantenendo ancora quell’aria incerta che hanno i ragazzi quando non sanno bene come verranno accolti.

-         Nonna, sei qui!

Perspicace il ragazzino. Ma non voglio riversare le mie amarezze su di lui anzi, il suo arrivo mi strappa un sorriso che non passa inosservato ad Antonio. E come d’incanto spunta un terzo bicchiere.

-         Vieni qui ragazzo, questa sera avrai l’occasione di assaggiare una delle cose più buone della terra.

Detto questo, versa adagio un pò di vino e lo porge a mio nipote Matteo che, incerto, mi guarda per capire cosa stesse succedendo. Io gli dico con gli occhi di assaggiare e lui non se lo fa ripetere due volte. A tavola mi ha sempre dato grandi soddisfazioni e anche questa volta lo vedo interessato.

-         Allora, come ti sembra?
-         Niente male, mi piace, forse un po’ forte, a me piacciono freschi e frizzanti…

Antonio gli lancia un’occhiataccia come se avesse bestemmiato e in effetti, parlare così davanti a una bottiglia di Sassicaia del 2004, annata spettacolare, si rischia il linciaggio.

-         Non temere Antonio, coltiverò in lui anche il piacere del vino, dammi tempo.

Improvvisamente sono presa da un attacco di buon umore, vedendo Antonio imbronciato, mio nipote un po’ interdetto e al pensiero che io, novantenne, abbia detto “dammi tempo”. Però ora guardo Matteo per cercare di capire la sua presenza qui. Lui capisce la domanda silenziosa e mi dice:

-         Non brontolare Edward, lo sai che siamo amici. Quando ti ha fatto scendere qui mi ha chiamato per dire dove ti avesse accompagnata e così ho deciso di venirti incontro. E’ ora di andare a casa, vieni.

-         Io non torno a casa Matteo. Non ho una casa, non so neanche io dove vorrei essere ma questo ritorno non fa per me.

-         Nonna, non sei tu che torni a casa, ma siamo noi che ci sentiamo a casa quando siamo insieme a te. Non so cosa si provi alla tua età, ma forse tu hai scordato cosa si prova alla nostra.

Si alza e mi porge la mano come per invitarmi a ballare. Mi alzo anch’io trattenendo una lacrima e capendo che mio nipote non è più un ragazzino ma una persona che ha capito bene i valori che gli ho insegnato. Lo seguo verso l’uscita, accompagnata dallo sguardo compiaciuto di Antonio mentre Edward ci apre lo sportello dell’auto. Forse ci sono molti modi di tornare a casa e non tutti riusciamo a vederli da soli.


domenica 1 aprile 2012

Stasera mi butto



Certe sere non dovrebbero mai arrivare e invece te le trovi davanti che reclamano prepotentemente tutta la tua attenzione, ti svuotano la mente e ti precipitano nell’unico pensiero di cui sono capaci. Stasera è uno di questi momenti e non posso sottrarmi dicendo che certe cose capitano solo agli altri esorcizzando così la paura che capitino proprio a me.

Mi rendo conto del momento, ho provato a negarlo per un istante ma poi ho capito che ogni resistenza sarebbe stata vana e ho iniziato a pensare. Pensieri cupi che avevo sempre scacciato si sono così scatenati liberamente ormai liberi dai miei meccanismi di difesa, i ricordi delle mie mille paure si sono fatti vividi facendo a gara per impressionarmi e attanagliarmi il cuore.

E’ passato così un tempo indefinibile in cui mi sono lasciato andare e mi sono fatto fare di tutto dal lato più opaco della mia mente finchè ho dovuto, voluto fare qualcosa per spezzare il vortice in cui ero precipitato. Probabilmente sarò rimasto colpito dai discorsi fatti con gli amici nel pomeriggio e a cui credevo di essere immune (certe cose capitano solo agli altri)  ma da quel momento mi sono trasformato e ora devo fare qualcosa.

Ormai è sera, non ancora buio ma lo sarà presto. Prendo l’auto ed esco velocemente dalla città puntando verso monte guidato da un’idea che si rafforza sempre più mentre mi inerpico in salita. Ormai so cosa devo fare, quale è la mi sorte. Lascio la macchina in una piazzola prima di una curva e scendo facendo un sospiro come a gustarmi quell’attimo in sospeso.

Mi dirigo verso la curva a passo lento ma sicuro, la supero e davanti a me, nell’imbrunire, si staglia il piccolo ponte dalle spallette di pietra, stretto al punto da consentire il passaggio di un solo mezzo per volta, ma talmente alto per chi guardasse giù da mettere le vertigini.

Solo un piccolo indugio e poi mi dirigo verso il centro della campata e mi sporgo per guardare il nulla. Rabbrividisco per i miei pensieri e per l’aria insidiosa che scende attraverso la gola. Il sole è tramontato e non ho più scuse per rinviare la mia decisione.

Mentre sono assorto in questi pensieri dolorosi, sento una voce che dalla parte opposta dalla quale sono arrivato mi dice:

-                     E così ti sei deciso a farlo.

Rabbrividisco ancora di più, vorrei non aver sentito quella voce, vorrei che la persona che ha pronunciato quelle parole fosse a miglia di distanza, vorrei scappare io, vorrei…

-                     Non pensavo che alla fine volessi veramente farlo, ma oggi ti ho visto diverso e per fortuna la mia coscienza mi ha fatto venire fin quassù. Cosa pensavi di fare da solo?

Lo guardo e mi rendo conto che Giacomo ha ragione. Ormai siamo vicini e senza parlare iniziamo i preparativi. Lui con fare esperto ancora l’attrezzatura mentre io prendo le misure delle corde e controllo gli agganci. Alla fine, quando ci sembra tutto a posto, salgo in piedi sulla spalletta del ponte e respiro.

E’ un momento di silenzio, fisso un puntino all’orizzonte verso mare dove ancora il chiarore del sole si fa vedere e, lentamente mi sporgo iniziando una lunga, infinita, inebriante, tremenda discesa verso le mie paure.

Il tempo si dilata, sembra non trascorrere, sono sopraffatto dall’angoscia pensando di aver superato il punto di non ritorno. Poi, quando ormai sento distintamente lo scrosciare del torrente, una mano mi afferra le caviglie e il contraccolpo mi sconquassa il corpo, mi frastona, perdo il senso di orientamento, non esiste più alto o basso né una direzione chiara. Mi accorgo che ho trattenuto il fiato per un tempo infinito, mi manca l’aria, i polmoni bruciano ma questa sensazione mi piace, mi fa sentire vivo e più passa il tempo più divento euforico fino alle lacrime.

Quando il mio svolazzare scomposto si placa, mi sento calare adagio fino ad essere accolto da cento mani che mi sorreggono, mi rivoltano dando un senso alla mia geometria, sorreggendomi in piedi ancora incapace di stare al mondo senza aiuto. Sono i miei amici che al momento giusto sono usciti allo scoperto e hanno completato l’opera iniziata molti anni fa quando da giovani e spavaldi sfidavamo così il mondo e le nostre paure finchè il trauma ha avvelenato la mia anima e l’esistenza di molti anni.

Piango mentre loro ridono felici e mi aiutano a risalire il sentiero fino a riunirci con Giacomo che ormai ha recuperato l’attrezzatura. Torniamo verso la città tutti insieme, io non riesco a guidare ma qualcuno lo fa per me. Stasera, da stasera sono un’altra persona e questo gli amici lo sanno e fanno festa a modo loro.

Io non sono agitato come loro, una grande pace mi ha preso e, mentre sorrido in compagnia, mi metto a canticchiare tra me e me una vecchia canzone di Rocky Roberts.