Non sopporto l’idea
di alzarmi presto per uscire in inverno, ma questa cosa la devo proprio fare e
mi devo fare forza. Sono le 5:30, tra un’ora ho il volo per Londra da dove
proseguirò per New York dove ho un appuntamento di lavoro. Gli aerei viaggiano
sempre, incuranti degli orari e così io mi trovo in pieno centro ad essere
tagliato a fette da una tramontana che non perdona.
Nei giorni scorsi
ho pensato a tutto ma non ai soldi per il taxi per l’aeroporto. Sono
innervosito da questa distrazione, sarà l’età o i mille pensieri. Rischio di
perdere il volo e se c’è una cosa che mi mette ansia al mondo è quella di non
arrivare per tempo negli aeroporti o nelle stazioni.
Per fortuna la
banca è vicina e col bancomat posso prelevare quello che mi serve. La cassa
automatica è riparata dal vento perché si trova all’interno di una stanza.
Entro e inizio le manovre consuete finchè, un istante prima che l’apparecchio
faccia il suo dovere, un black-out inchioda tutto e fa vacillare le luci. E’ cosa
di un attimo, ma quanto basta perché io resti senza scheda e senza soldi a
fissare una stupida scritta che mi invita a rivolgermi ad un funzionario
all’interno della banca.
Ma la banca è
chiusa, dannazione, guardo quanti soldi ho e mi rendo conto che 20 euro sono
pochi per iniziare il viaggio. Li rimetto nervosamente nel portafogli ma
finiscono nella patente nello scomparto accanto. Ormai sono preoccupato. Esco
dal locale e ho la sensazione che ci sia qualcosa di strano nell’aria, forse il
calo di corrente ha avuto qualche altro effetto di cui non mi rendo ben conto.
Cerco la macchina
per andare da un amico a farmi prestare dei soldi ma non la trovo, chiudo gli
occhi e inizio a creare nuove imprecazioni che per taluni possono essere
splendidi mantra ma che nella realtà potrebbero uccidere chi li ascolta. Faccio
due conti veloci guardando l’orologio e decido di andare a denunciare il furto
dell’auto. Mi passa a fianco un autobus e io lo prendo al volo vista la loro
rarità. Salgo sul retro e sono solo, cosa normalissima a quell’ora.
Il bus si mette a
correre in maniera forsennata e vengo sballottato senza ritegno. Arranco verso
l’autista per protestare pensando alle parole giuste da dire ma mi rendo conto
che al posto di guida non c’è nessuno. Istintivamente mi metto al volante per
fermare questa corsa folle e riesco a rallentare ma lo faccio proprio davanti
ad una pattuglia della polizia che mi intima di fermarmi.
Salgono a bordo in
due, mi chiedono i documenti guardandomi con sospetto perché non indosso la
consueta divisa. Io consegno loro carta di identità e la patente e in quel
momento mi rendo conto dei soldi rimasti dentro ma è troppo tardi. Uno dei due
inizia a guardare i documenti e trovando i soldi mi chiede se è un tentativo di
corruzione. Gli dico che sarebbe sciocco da parte mia farlo con 20 euro e mi
incasino dicendo che non ho altro e quello la prende alla rovescia pensando che
volessi offrire di più e mi dice di scendere dal bus e seguirlo per
accertamenti.
Saliamo sulla
volante e percorrendo mezza città entriamo in un edificio attraverso un passo
carrabile. Scendiamo e mi portano in un ascensore che, invece di salire verso
gli uffici, inizia a scendere. Piu’ scende e più sale l’ansia, ma la rapidità
con la quale si svolgono le cose non mi dà tempo per pensare.
Dopo un’infinità di
piani le porte si aprono su un corridoio dalla luce accecante dove tutti
portano occhiali scuri e abiti neri, mi accorgo che gli agenti sono spariti e
vengo accompagnato da un personaggio che sembra uscito da Blade Runner che mi
fa accomodare in una stanza e mi lascia solo senza dire una parola. Una voce mi
arriva dal nulla:
-
Si sieda.
Lo faccio e attendo
all’infinito quando d’un tratto tutta una parete si apre lasciando spazio ad
una vista mozzafiato sulla citta. Si, ma quale città? Ma non ero sceso sotto
terra? Sento una voce accanto a me che mi dice:
-
Bella vista
vero?
Mi guardo intorno e
non vedo nulla tranne una penna sul tavolo e dalla quale sono convinto venga la
voce. La prendo in mano per cercare l’altoparlante ma sento dire:
-
Ehi! Mettimi
giù, ma che modi!
Per poco non la
faccio cadere e l’afferro con delicatezza.
-
Ma ti sembra il
modo di trattarmi?
Balbetto frasi
sconnesse e fisso la penna pensando di aver oltrepassato il limite della
ragione, forse l’ansia, lo stress. Lei mi dice:
-
Prenditela
comoda che tanto il viaggio sarà lungo.
Con gesto
automatico metto la penna nella tasca della giacca, chiudo gli occhi con la
testa che gira e mi lascio andare sulla poltrona privo di forze e di volontà.
Il panorama viene sostituito rapidamente dalle nuvole che sembrano sfrecciare
veloci ma non avverto alcun movimento. Alla fine la parete si richiude giusto
in tempo per far entrare nella stanza una di quelle strane persone inespressive
che mi dice di uscire, ma forse me lo immagino perchè non vedo nessun movimento
delle labbra.
Esco nel corridoio
convinto di rifare la strada fatta all’andata, ma al posto del corridoio vedo
che la porta si affaccia direttamente su un ufficio dove un’infinità di persone
si muovono indaffarate. Mi viene incontro un uomo che stento a riconoscere ma
poi con immenso stupore capisco che è il mio cliente di NY che con un sorriso
mi dà il benvenuto augurandosi che abbia fatto buon viaggio e mi dice
“Complimenti! Sempre puntuale!”
Mi accorgo di
essere a NY nel suo ufficio e per poco le gambe non mi cedono. Mi volto
indietro e mi accorgo di essere uscito dal solito ascensore che prendo ogni
volta che vengo qui. Mi faccio forza e trascorro la giornata di lavoro come
avevo previsto. La sera vengo accompagnato nel mio albergo che vedo come il
paradiso dopo una sequenza di eventi impossibili che non ho ancora capito.
Piombo in un sonno
spettacolare dal quale mi sveglio per colpa degli strepiti che provengono dalla
mia giacca. Svegliarmi e vedere la stessa stanza della sera prima mi infonde
sicurezza, ma subito ripiombo nella costernazione quando mi rendo conto che a
gridare era la penna che distrattamente avevo portato con me.
-
Ma insomma,
quanto ci metti a svegliarti! Preparati che dobbiamo andare!
La mia penna ha
ragione. Ma come “la mia penna”! Ma sono diventato matto? Comunque sia ha
ragione. Doccia, vestito e colazione abbondante. E ora? Cosa ci faccio qui
senza un visto di ingresso? Se mi presento all’aeroporto mi arrestano. Decido
di prendere la metro per andare in consolato mentre cerco una scusa plausibile
da raccontare.
Scendo sotto terra
e mi perdo nella folla trovando un posto libero che occupo per non essere
travolto. Il vagone deve essere vecchio e le luci vanno e vengono. Dopo un black-out
un pò più lungo degli altri il treno si ferma e la gente si muove. Avendo
contato le fermate so che dovrò scendere molto più avanti e non faccio caso al
movimento della gente.
Però quando il
treno riparte mi accorgo di essere rimasto solo e la cosa, nella metro, non è
mai una buona cosa. Mi alzo e cerco di guardare nei vagoni vicini, ma le luci
sono spente. Mentre quelle della mia carrozza hanno ripreso il balletto di
prima. Alla fine ci fermiamo in una stazione e io decido di scendere anche se
so che non è la mia. Non mi fido a proseguire in quel modo.
Sul marciapiede mi blocco e inizio ad avere uno dei mancamenti che ormai da un
pò mi colgono di fronte all’impossibile. La stazione è quella di Piazza de
Ferrari a Genova. Ho le gambe pesanti come piombo e mi sembra di non riuscire a
camminare. Tutto intorno la gente si comporta normalmente, guardo l’ora e mi
accorgo che sono le 9 e mezza. si, ma di che giorno? Compro un giornale per
togliermi il dubbio e mi rendo conto così che sono passate solo 4 ore dal mio
tentativo di prelievo.
Ora che ci penso. La banca è proprio sopra di me. Posso
almeno recuperare il mio bancomat. Entro e mi rivolgo ad un funzionario
spiegandogli cosa sia successo. Questo mi fa accomodare e dopo aver accertato
che io sono l’effettivo proprietario della carta, me la riconsegna dicendomi di
firmare la ricevuta.
Prendo istintivamente la penna che ho in tasca, firmo e mi
accorgo di averlo fatto con quella che ho preso e portato con me. E’ un tuffo
al cuore che mi ripiomba nell’incubo. La poso velocemente come volessi
allontanare da me la follia ma il funzionario mi dice:
-
No no, la tenga pure signore ci fa piacere che i nostri
clienti portino con se i nostri gadget!
Con un sospiro rimetto la penna in tasca ma per un istante
che non scorderò mai, la sento ridere distintamente e dirmi:
- Felice che tu abbia viaggiato
con Dream Travel!
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