L’auto procedeva lentamente lungo la strada del centro,
lasciandosi trasportare dal flusso del traffico dell’ora di punta quasi non
avesse una meta precisa da raggiungere. All’interno i suoni della città
arrivavano ovattati e indistinti, merito di un’accurata insonorizzazione e le
luci che si stavano accendendo entravano filtrate attraverso i finestrini
scuri.
-
Signora, non manca ancora molto. Nonostante il traffico saremo
puntuali.
La voce del mio autista mi distoglie dai pensieri. Lo
guardo e per un momento penso che forse nella prossima vita mi piacerebbe uno
come lui, ma in questa temo che non ci sia più spazio per queste cose e lui
potrebbe essere tranquillamente mio nipote.
-
Grazie Edward, ma non ho fretta di arrivare. Anzi, stavo
pensando di andare prima in un altro posto, non ho proprio voglia di rivedere
tutte quelle persone.
-
Quelle persone sono la sua famiglia e lei le ha riunite
stasera perché è il suo compleanno. Forse non apprezzerebbero di essere messe
da parte così.
Edward sta diventando la mia coscienza, ma stasera mi
sento più forte di lui e non voglio più seguire i suoi saggi consigli pieni di
buon senso. In fondo ho vissuto io con quelle persone, mica lui!
-
Prendi la Madison e portami da Via Quadronno e non badare ai miei parenti: staranno già facendo festa
da soli e neanche si accorgerannno che non sono tra loro.
Arriviamo all’incrocio con la 73a e svoltiamo.
A quell’ora ci sono poche persone e poche auto intorno al locale, la gente si
farà vedere molto più tardi e così posso occupare il solito tavolo un po’
riparato ai margini della sala. D’incanto compare dal nulla Antonio che mi si
avvicina e mi aiuta a sedermi.
-
Grazie Antonio, ho novanta anni ma so ancora come ci si siede
ad un tavolo.
Antonio, come al solito, non mi dà retta e mi aiuta ad
avvicinarmi al tavolo e poi si siede vicino come ormai fa tutte le volte che lo
vengo a trovare nel suo nuovo locale. Mi guarda e capisce che questa sera c’è
qualcosa di diverso nei miei occhi, forse un velo di stanchezza o di tristezza.
Fa un gesto a un cameriere che dopo poco arriva con una bottiglia di vino e due
bicchieri.
-
Sapevo che saresti passata a trovarmi e ho stappato questa
bottiglia per fartela trovare alla temperatura adatta con il vino al giusto
respiro. Ora però mi devi raccontare di te e di questa sera particolare.
-
Stasera, per la prima volta ho paura di tornare a casa. La mia
vita è stata sempre un’eterna partenza e anche le volte in cui passavo da casa
tra un impegno e l’altro, non ho mai vissuto la cosa come un ritorno ma un
passaggio, una tappa qualsiasi, tanto ero presa dal domani.
Stasera invece sono alle prese
con un ritorno. Domani non ci sarà una nuova partenza, ho novanta anni e fino a
questa sera me ne sono sentiti addosso la metà. Saranno i parenti che mi
attendono ad alimentare questa nuova ansia, ma proprio quel luogo non riesco a
considerarlo casa.
-
La mia casa è sempre stata con me; ovunque andassi, se
riuscivo a stare bene con me stessa, allora ero a casa; mi sento più a casa qui
con te che nella mia abitazione in mezzo alla famiglia.
Antonio mi versa un altro pò di vino: delizioso. Non me ne
andrei più; tra tutti gli amici che ho nel mondo lui è quello che più sa
ascoltare i miei momenti di sfogo e anche questa sera non è da meno,
dimostrando di conoscermi bene.
Quando siamo all’incirca a metà bottiglia entra adagio un
ragazzo che si guarda intorno come avesse sbagliato strada e non fosse convinto
di quello che fa. Chiusa la porta finalmente ci vede e si dirige dalla nostra
parte mantenendo ancora quell’aria incerta che hanno i ragazzi quando non sanno
bene come verranno accolti.
-
Nonna, sei qui!
Perspicace il ragazzino. Ma non voglio riversare le mie
amarezze su di lui anzi, il suo arrivo mi strappa un sorriso che non passa
inosservato ad Antonio. E come d’incanto spunta un terzo bicchiere.
-
Vieni qui ragazzo, questa sera avrai l’occasione di assaggiare
una delle cose più buone della terra.
Detto questo, versa adagio un pò di vino e lo porge a mio
nipote Matteo che, incerto, mi guarda per capire cosa stesse succedendo. Io gli
dico con gli occhi di assaggiare e lui non se lo fa ripetere due volte. A
tavola mi ha sempre dato grandi soddisfazioni e anche questa volta lo vedo
interessato.
-
Allora, come ti sembra?
-
Niente male, mi piace, forse un po’ forte, a me piacciono
freschi e frizzanti…
Antonio gli lancia un’occhiataccia come se avesse
bestemmiato e in effetti, parlare così davanti a una bottiglia di Sassicaia del
2004, annata spettacolare, si rischia il linciaggio.
-
Non temere Antonio, coltiverò in lui anche il piacere del
vino, dammi tempo.
Improvvisamente sono presa da un attacco di buon umore,
vedendo Antonio imbronciato, mio nipote un po’ interdetto e al pensiero che io,
novantenne, abbia detto “dammi tempo”. Però ora guardo Matteo per cercare di
capire la sua presenza qui. Lui capisce la domanda silenziosa e mi dice:
-
Non brontolare Edward, lo sai che siamo amici. Quando ti ha
fatto scendere qui mi ha chiamato per dire dove ti avesse accompagnata e così
ho deciso di venirti incontro. E’ ora di andare a casa, vieni.
-
Io non torno a casa Matteo. Non ho una casa, non so neanche io
dove vorrei essere ma questo ritorno non fa per me.
-
Nonna, non sei tu che torni a casa, ma siamo noi che ci
sentiamo a casa quando siamo insieme a te. Non so cosa si provi alla tua età,
ma forse tu hai scordato cosa si prova alla nostra.
Si alza e mi porge la mano come per invitarmi a ballare.
Mi alzo anch’io trattenendo una lacrima e capendo che mio nipote non è più un
ragazzino ma una persona che ha capito bene i valori che gli ho insegnato. Lo
seguo verso l’uscita, accompagnata dallo sguardo compiaciuto di Antonio mentre
Edward ci apre lo sportello dell’auto. Forse ci sono molti modi di tornare a
casa e non tutti riusciamo a vederli da soli.
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