Nemmeno lui sapeva da quanto si trovasse lì. Un luogo per
il quale non esisteva un nome e che era sconosciuto a tutti tranne che al suo
unico abitante. Forse è più corretto dire che Emmett abitasse non in un luogo
ma in un personalissimo stato mentale fuori del tempo. Si, fuori del tempo
perché da sempre si è occupato della Macchina, del suo funzionamento e
manutenzione, evitando i paradossi e accertandosi che il Tempo fluisse nella
giusta quantità e nella corretta Direzione.
Eppure anche per lui c’è stato un inizio. Tutti i suoi
predecessori si erano dedicati con grande cura alla ricerca del proprio
successore, persona dalle caratteristiche estremamente particolari, vista la
natura del lavoro. Ricordava ancora quando una piccola inserzione sul giornale
aveva attirato la sua attenzione:
“Cercasi giovane di buona cultura generale per lavoro a
Tempo Pieno. Non sono richieste competenze particolari poiché è previsto un
corso di formazione specifico. Saranno apprezzati i candidati disposti a trascorrere
lunghi periodi di assenza. Retribuzione interessante”.
Saranno state le parole “Tempo Pieno” ad interessarlo in
un momento in cui andava per la maggiore il part-time oppure la “Retribuzione
interessante”, ma alla fine lui, single un po’ stagionato e senza legami, aveva
risposto all’annuncio chiedendo un colloquio. Come raramente succede, le cose
si sono svolte in fretta e, con sua soddisfazione iniziale, Emmett ottenne il
lavoro.
Solo successivamente si accorse che lavorare alla Macchina
del Tempo comportava un sacrificio imprevisto: quello di dover trascorrere la
propria esistenza fuori dal tempo e quindi anche fuori dal mondo. Ecco spiegata
quella frase dell’annuncio che parlava di “lunghi periodi di assenza”.
Tuttavia, l’importanza dell’incarico e la sensazione di avere tra le mani il
potere di un dio avevano relegato in secondo piano questo aspetto negativo.
La Macchina produceva il tempo. Ne forniva in quantità
esatta per il funzionamento dell’universo e questo succedeva da quando era stata
creata. Praticamente funzionava senza avere necessità di alcun intervento,
tranne che in alcuni rari casi in cui un’anomalia come un buco nero veniva ad
interferire con la quotidianità.
Emmett si sentiva come un vecchio guardiano del faro ai
primi tempi gloriosi della marineria, rinchiuso nel suo eremo perché il mondo
del mare potesse vivere sicuro. Ormai sapeva tutto del funzionamento della Macchina, forse meglio
dei suoi inventori che ormai erano scomparsi da tempo (che paradosso). Anzi,
aveva maturato alcune idee per rendere più versatile l’apparecchio ed
escogitato un modo per ridurne le dimensioni dall’intero universo a una piccola
borsa portatile.
Durante uno dei rari momenti in cui rimetteva piedi nel
mondo per pubblicare il consueto annuncio alla ricerca del proprio successore,
Emmet decise di portare con se la borsa con la nuova Macchina per provarne il
funzionamento. La prima occasione si presentò quando si trovava in coda per
l’inserzione; inizialmente ligio alle regole, si era rassegnato alla lunga fila
che lo precedeva, ma poi, folgorato da un’intuizione, immaginò come le cose
potessero essere diverse se in quella circostanza il tempo passasse più
velocemente!
Subito aprì la borsa e armeggiò con con alcuni comandi,
prima con estrema cautela e poi con maggiore sicurezza, accorgendosi che la
manovra funzionava; in un istante arrivò il suo turno davanti allo sportello.
Con una grande ed evidente eccitazione che stupì l’impiegato, concluse la
commissione e uscì per strada tenendo la borsa stretta tra le mani come il suo
bene più prezioso.
Rientrato nuovamente nella sua non-esistenza ebbe modo di
pensare alle conseguenze immediate di ciò che era riuscito a realizzare e come
trarne vantaggio. Era evidente che la sua macchina riusciva anche a catturare
il tempo oltre che a produrlo così che potesse essere usata sia per coloro che
dicono “vorrei che il tempo non passasse mai” sia per quelli che con angoscia
dicono “mi manca il tempo per…”.
Sempre più spesso si assentò dal lavoro per effettuare
esperimenti su di sé e le altre persone perdendosi in infiniti ragionamenti e
costruendo macchine sempre più piccole e versatili finchè un giorno si accorse
che qualcosa nella grande Macchina non andava per il verso giusto. Le sue
prolungate assenze e la sua distrazione non gli avevano fatto notare i piccoli
indizi che col trascorrere del tempo erano diventati un’anomalia seria.
La sua esperienza però lo aiutò a porre rimedio al
problema più grave, ma prima la preoccupazione e poi l’euforia per aver risolto
il guaio non gli fecero notare altre perturbazioni nate in coincidenza con i
suoi esperimenti nel mondo.
Finalmente, nonostante la sua relativamente giovane età,
riuscì a trovare un successore e a liberarsi di un incarico che negli ultimi
tempi sentiva come una prigione, visti gli sviluppi promettenti della sua
invenzione. Ritornato a casa iniziò a produrre alcune copie della nuova
macchina portatile cui limitò alcune funzioni e ne vendette una a John Harrison
con la quale egli vincerà anni dopo, nel 1764 il premio messo in palio dalla
Commissione per la Longitudine istituita nel 1714 dal Parlamento inglese.
Contemporaneamente fu impegnato nell’anno 789 a trattare
con Carlomagno la fornitura di un certo numero di clessidre e, visto il
successo, intraprese una vera e propria carriera di venditore del Tempo che lo
portò un po’ ovunque nel mondo.
Pochi anni dopo, nel 1582, convinse Gregorio XIII ad usare
i suoi sistemi di misura ma quello, non contento, si montò la testa e
rivoluzionò il calendario dimenticandosi 10 giorni nella conversione dal
vecchio al nuovo. Emmett li prese con se non sopportando che il tempo venisse
sprecato così e, duramente colpito da ciò che le persone possono fare col Tempo
se ne hanno l’occasione, decise di ritirarsi dalla propria attività.
Siamo ormai nel 2000 e, in quel luogo senza tempo Marty,
il successore di Emmett, sta impazzendo davanti ai controlli della Macchina.
Una enorme serie di anomalie nate dagli esperimenti di Emmett vengono segnalate
un po’ ovunque portando il Tempo fuori controllo: gli egiziani sostengono di
essere nell’anno 6236, gli ebrei nel 5760, per i Maya siamo nel 5119, i vecchi
romani (non chiamiamoli antichi perché si offendono) dicono di essere nel 2753,
a babilonia siamo nel 2749, i buddisti sostengono di essere nel 2544, i Copti
sono pochi e non fanno testo ma dicono che sia il 1716 mentre i Musulmani si
ostinano a dimostrare in tutti i modi che siamo nel 1420. Più discreti i Cinesi
che, non suggerendo alcun numero, affermano che siamo nell’Anno del Dragone.
E’ un piacevole pomeriggio di primavera e la bambina
trotterella contenta intorno alla madre, felice di poter uscire a passeggiare
in una bella giornata e speranzosa di potersi gustare il primo gelato della
stagione. Passando davanti ad una vetrina la sua curiosità viene attratta da
ciò che è esposto e rivolta alla madre strilla euforica:
-
Mamma, mamma, me lo compri l’orologio con la faccia di
Topolino?
La mamma guarda incuriosita la vetrina e poi la figlia e
le dice:
-
Ma Alice, cosa te ne fai?
E poi, gettando un’occhiata
alla sua meridiana da polso le dice:
-
Su tesoro, vieni via che si è fatto tardi!
Dopo un po’ di resistenza la bambina, con la promessa del
gelato, si fa portare via e insieme alla madre si allontana dal negozio un po’
fatiscente che in vetrina espone tra mille inutilità un orologio atomico a
prezzi incredibili, ma d’altra parte cosa ci si potrebbe aspettare da un
negozio la cui insegna dice:
Rolex: antichità.