giovedì 29 settembre 2011

L'uomo che ascolta i sogni













L’Uomo che ascolta i sogni si svegliò che era ancora buio con un nuovo pensiero regalatogli dalla notte: era un pensiero che profumava di mosto e legna arsa. Finalmente si è levato il Vento di Mezzanotte, pensò l’uomo chiudendo nuovamente gli occhi per non perdere l’immagine appena creata, un gesto abituale per fare sua un’idea catturata in quel mondo ineffabile al di là dei sensi che una mente allenata riesce a districare dal rumore dei mille pensieri.

Il sogno è una perla da cogliere, non importa se sia premonizione o suggestione, se combini esperienze e desideri del sognatore e l’Uomo che ascolta i sogni è un attento raccoglitore di perle; ha iniziato da piccolo con le fantasie da bambino e negli anni ha scoperto che il Vento di Mezzanotte, quando entra nella camera durante la mezza stagione porta con sé le storie migliori.

Così, insieme al mosto arrivò anche l’immagine di una vecchia cantina, i tini ripieni, i fiaschi allineati le damigiane impagliate, la cantabruna che attende paziente il suo momento. E il vento portò anche una voce di donna che canta e il sorriso del vecchio che la stava ad ascoltare rapito sognando di spillare il mosto con lei.

“Andrea, è pronto, vieni!”. Il canto si interrompe, sostituito dalla voce squillante che distoglie il vecchio dalle proprie fantasie e lo riporta al motivo per cui era sceso in cantina: prende una bottiglia particolare, affidando la scelta alla mano e all’istinto. Lui risale in cucina dove ad attenderlo è un profumo di farina e uova, reso leggermente acre dall’odore del ronfò acceso. A tratti si avvertiva anche un prorompente profumo del tocco che boffonchiava nella terracotta da ore.

Il vecchio prese una sedia impagliata sua coetanea e, sedendosi lentamente, iniziò a occuparsi della bottiglia, coccolandola e preparandola a essere stappata, come se per le bottiglie questo costituisse un trauma. Il cavatappi fu delicato col sughero e il piccolo suono che produsse fece voltare la signora che si sedette vicino al vecchio asciugandosi le mani nel grembiule.

Lui riempì due bicchieri con gesto lento, osservando il vino rubino che formava mulinelli scendendo. Porse un bicchiere alla Signora che canta guardandola negli occhi e insieme bevvero un sorso mentre l’Uomo che ascolta i sogni riaprì gli occhi e sorrise.


venerdì 29 luglio 2011

Naviganti senza mare, aviatori senza cielo, sognatori senza stelle

Naviganti senza mare, aviatori senza cielo, sognatori senza stelle, a perdifiato nei sentieri, graffiati dal mondo, acciecati dal buio e assordati dal silenzio, affascinati dalla musica del vento, rapiti dalle note della pioggia, ascoltiamo cio che non si sente e restiamo senza parole quando servirebbero per disegnare, ci esprimiamo con lo sguardo e cerchiamo comprensione senza capire, seguiamo le carte ma non conosciamo il mondo, diciamo di appartenergli ma in fondo non lo vogliamo. Il mare, il cielo, le stelle presenti da sempre attendono. Disegnamo il sogno e fuggiamo da un domani che non abbiamo costruito.

martedì 12 luglio 2011

L'anima del caffè e il fondo del futuro.


I caffè hanno un’anima. O forse riflettono la nostra. Forse è per questo che alcuni leggono il futuro nei fondi delle tazzine. Ma ora basta. Ho gia' visto abbastanza futuri nei caffè della mattina, è meglio un tè dove non si legge nulla e, al massimo, ci si rispecchia.



domenica 10 luglio 2011

L'isola che non c'è


...La mattina dopo, alla solita ora che gli amici reputano folle, esco a fare una passeggiata sul lungomare con il tarlo sempre in funzione. Le giornate iniziano ad accorciarsi e il clima a farsi più incerto; inizia ad albeggiare e la residua umidità della notte crea sul mare una leggera nebbiolina che limita la visibilità nascondendo l'orizzonte ma non le acque vicine alla riva, normalmente percorse dalle navi che entrano ed escono dal porto...

Disegno di Daniela Zanfi.

martedì 28 giugno 2011

Dischi


La selezione dei brani musicali da includere in una scaletta da trasmettere non può essere casuale. Non dovrebbe esserlo. E’ invece frutto di uno stato d’animo che si vuole esprimere e la sequenza diventa un percorso, una trasformazione dell’umore, la comunicazione di un modo di sentirsi in quel momento che solo la musica riesce, per empatia universale, a trasmettere.

La ricerca delle musiche nei corridoi tappezzati di dischi è opera certosina, quasi da topo di biblioteca; e poi l’ascolto in cuffia per capire la giusta sequenza, i ritmi da mixare in consonanza o creando stacchi repentini per generare sorpresa. Mai lo stesso interprete per due brani di seguito a meno che non si tratti di sviluppare una monografia.

Durante la selezione e lontano dalla frenesia della trasmissione c’è il tempo per crogiolarsi nel rito dell’ascolto: accarezzo con lo sguardo la copertina del disco (rigorosamente LP) alla ricerca di particolari precedentemente sfuggiti e che possono diventare lo spunto per un commento; poi estraggo con un fruscio il disco ancora avvolto nella sotto-copertina di carta più sottile, spesso ulteriore fonte di notizie: interpreti, luoghi di registrazione, testi delle canzoni, ospiti e tutto il colorito mondo che ruota attorno alla realizzazione di un’opera musicale.

Passo quindi ad osservare il disco nero, con la parte centrale colorata da una micro-etichetta rotonda che vorrebbe suggerire altre cose oltre ai titoli in sequenza; e poi il microsolco lucente che promette meraviglie d’ascolto. Poso il disco lentamente sul piatto fermo indovinando con mano sicura il perno da introdurre nel foro. Il braccio del giradischi è pronto per essere manovrato e la puntina cala adagio nel solco selezionato e nelle cuffie mi arriva un suono ovattato e secco: il rumore del silenzio che precede la musica, un momento da vivere con trepidazione ad occhi chiusi e volume coinvolgente, come se chi suona lo facesse solo per me in quel momento e non volessi perdere neanche un particolare dell’esecuzione.

Io sono solito scegliere brani di facile ascolto per iniziare la trasmissione; un modo per mettere a proprio agio chi ascolta con musiche familiari, orecchiabili, di facile comprensione perché ormai ascoltate più volte; in questi casi si ascolta più il ricordo della musica nella propria memoria di quella effettivamente trasmessa.

Dopo due o tre musiche di introduzione passo al tema che mi piace sviluppare introducendo quindi vecchi blues, rock di altri tempi, musica progressive, jazz, fusion o bizzarri brani di “musica leggera” come si soleva dire una volta. Ma non più di poche musiche per volta: l’attenzione cade, chi ascolta perde l’interesse che deve essere catturato in modo inaspettato da qualcosa di diverso. Ed ecco così la selezione di cover dal vivo quasi sconosciute e trovate rocambolescamente in rete per effetto di un momento di serendipità; alla infine la musica italiana d’autore per rilassare dopo un momento di ascolto che in alcuni casi può essere complesso.

Mancano i titoli di coda come nei film, ma il ricordo della musica riecheggia ancora nella testa e quando la musica finisce, quel silenzio accomuna per un istante le anime di chi ha ascoltato insieme.